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venerdì 14 giugno 2013

C'ERA UNA VOLTA: LORELEY E LE SETTE VERGINI

Buona sera miei cari lettori, 
per questo bel mito mi sento di ringraziare fortemente l'autrice Silvana Sanna, autrice del romanzo autobiografico "Sul filo dei ricordi" che a breve avro' il piacere di recensire.
Silvana ha letto sul blog l'iniziativa "C''era una volta..." e con piacere ha deciso di partecipare e di narrarci un mito che ha caratterizzato la sua infanzia. 
Vi lascio il piacere di leggerlo...

Avevo una prozia tedesca, una vecchia signora simpatica e opulenta, come lo sono spesso le donne tedesche che amano il buon cibo e la buona birra e che si comportava nei miei riguardi alla stregua di una nonna.

E proprio come una nonna, zia Ilde mi raccontava le favole. Perché le nonne, che Dio le benedica, di qualsiasi nazionalità siano, hanno, per la gioia dei nipotini, questa bella abitudine.



Zia Ilde era originaria di Boppard, una cittadina della Renania, situata sulle rive del Reno, nel tratto che va da Magonza a Colonia e che è considerato il più bello di tutto il corso del fiume.
- Il Reno e il suo mito sono molto legati alla Germania, quasi si identificano con essa divenendone un emblema – mi raccontava Ilde – infatti il grande fiume ha influenzato gran parte della cultura tedesca fornendo ispirazione a poeti, scrittori, pittori e musicisti. Il Reno è ricchissimo di leggende che vengono tramandate da generazioni. 
La leggenda di Loreley è la più nota. 


C'ERA UNA VOLTA: LORELEY E LE SETTE VERGINI


Si racconta che Loreley fosse una bellissima ondina del fiume che se ne stava su un’altissima rupe, quella che ancora oggi è possibile ammirare e che poi prese il nome proprio da lei, a pettinare i suoi biondi capelli, e attirava gli uomini col suo canto e il suo aspetto incantevole, causando naufragi e sciagure. In quel tratto le sponde del fiume si restringono e la corrente è molto forte, così le imbarcazioni, mal governate dai nocchieri distratti dal suo canto melodioso e dai bagliori dorati della sua chioma, andavano a schiantarsi sulle rocce. Poco più avanti c’è un altro tratto molto pericoloso per la navigazione, nel punto in cui ci sono degli scogli nascosti in mezzo alla corrente.
Era tanto grande il pericolo di quella zona del fiume che quando le imbarcazioni vi si avvicinavano, veniva suonata a bordo una campana per avvisare gli uomini in modo che cominciassero a pregare per la salvezza delle loro vite o delle loro anime. Anche queste rocce hanno dato origine a una leggenda: sono chiamate le sette sorelle o anche le sette vergini perché pare fossero sette fanciulle che, a causa del loro duro cuore nei riguardi dei maschi, furono tramutate in roccia. Loreley, invece, fece una fine diversa. Un giorno un nobile per vendicare il figlio morto in un naufragio provocato dalla crudele ondina, inviò i suoi soldati ad uccidere la fanciulla. Erano uomini ribaldi e duri e seppero resistere alla magia del suo canto tanto che l’avrebbero uccisa di sicuro se lei non avesse invocato l’aiuto del padre. Egli mandò un cavallo di schiuma che condusse la ninfa nelle profondità del fiume, da cui non fece più ritorno. Ma si dice che in circostanze particolari, e solo nelle notte di luna piena, il canto di Loreley ancora si faccia sentire. Ma chi lo ode rischia di fare una brutta fine proprio come accadeva un tempo ai naviganti, perché la sua voce melodiosa costituisce sempre un irresistibile incantesimo. Perciò, attenta, tesoro, se dovesse capitarti di transitare sul Reno in una di queste notti, non farti ammaliare se dovessi udire il canto di Loreley – concludeva zia Ilde provocandomi ogni volta uno strano senso di inquietudine.



Caso volle che una volta diventata adulta (zia Ilde era passata a miglior vita da un pezzo) io mi trovassi in gita proprio su un battello che navigava sulle scure acque del Reno in una notte di luna piena. Eravamo di ritorno da una vista a Rudesheim, la Rimini della Renania, dove nei numerosi locali avevamo ballato, cantato e bevuto molti bicchieri del fresco vino del Reno dal delizioso profumo fruttato e nel locale bar sotto coperta continuavamo la bisboccia dei canti, delle risate e dei brindisi, senza far più troppo caso ai suggestivi paesaggi illuminati che sfilavano nel buio e che già avevamo ammirato nel tragitto di andata. Ma dopo poco l’euforia provocata dal vino si trasformò in un orribile mal di testa. Così lasciai la compagnia e mi recai sul ponte nella speranza che l’aria fresca della notte mi desse un po’ di sollievo. Mi appoggiai alla balaustra e presi a guardare l’acqua nera del fiume che scorreva sotto di me sulla quale si specchiava la luce argentata della luna e quelle delle cittadine e dei piccoli paesi appoggiati lungo le rive del fiume. Una visione suggestiva, ma io non riuscivo ad apprezzarne la bellezza: mi sentivo frastornata e confusa, certo per colpa dei troppi brindisi, ma soprattutto mi era piombata addosso una grande tristezza, una strana, inspiegabile sensazione di malinconia e di solitudine. E anche di paura...




E fu allora che, nel silenzio del ponte dove le voci e le risate dei miei compagni mi arrivavano solo come un’eco lontana, io udii un canto melodioso riempire l’aria… Era qualcosa di straordinario, qualcosa di mai udito prima. Mi venne in mente quello che mi raccontava zia Ilde quando ero bambina e alzai di scatto la testa: l’alta rupe della Loreley coi suoi 133 metri a strapiombo, si stagliava nera e imponente sopra di noi. Eppure il canto non proveniva dall’alto. Giungeva piuttosto dal basso, come emergesse dalle profondità delle acque del fiume… Mi sporsi dalla balaustra e aguzzai la vista. E la vidi. Non so descrivere l’impressione meravigliosa e orribile a un tempo che mi fece la visione di una figura di donna che, sotto il pelo dell’acqua, pettinava i suoi capelli dorati che fluttuavano nella corrente come fossero vivi, mandando bagliori di luce. La donna era seminuda e bellissima. Mi fissava attraverso l’acqua cantando, la sua canzone melodiosa mi chiamava, mi attiva irresistibilmente a sé e io sentivo prepotente il desiderio di obbedirle…
Fu uno schiamazzo più forte proveniente dall’interno del battello a svegliarmi da quello che in seguito giudicai uno strano fenomeno di suggestione visiva e uditiva dovuta, come mi spiegò la nostra guida turistica, alle luci che si riflettono nell’acqua e alla strana eco che si sente in quel punto, dove le voci e i suoni, quelli di terra e quelli provenienti dai battelli, si rifrangono sulle rocce e tornano indietro. Fenomeno che ha contribuito a creare la leggenda di Loreley e del suo canto.
Ma la tristezza che mi aveva assalita e il desiderio di gettarmi in acqua che avevo provato restano per me un mistero e ancora oggi, nel ricordo, mi turbano profondamente.      


Ancora grazie a Silvana per la sua partecipazione, le foto e la pazienza nell'aver dedicato il suo tempo alla stesura di questo bel mito.

Alla prossima!


Esmeralda

8 commenti:

  1. Continuo ad amare questa iniziativa!
    La leggenda poi, è bellissima!
    Mel

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  2. Grazie Mel, mi fa piacere che tu sia passata e ovviamente se hai dei racconti, non esitare a scrivermi!

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  3. come mel continuo ad amare quest'iniziativa...grazie mille esmeralda e grazie mille a silvana..una bellissima storia...

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    1. Grazie anche a voi che continuate a passare e a leggere i miti ed i racconti! Mi fa davvero piacere!

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  4. Grazie per averci regalato ancora una volta una bellissima leggenda! Anche questa come le altre, è stupenda *-*

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  5. Molto, molto interessante!!! Grazie per averne parlato!!!

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  6. Grazie a te Gradiva di essere passata!

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